Nutrizione

I grassi fanno davvero male?

Uno dei problemi più seri della cosiddetta dieta mediterranea è la riduzione dei grassi nel regime nutrizionale, definito ideale per il mondo intero, e l’aumento dei carboidrati, complessi e semplici.
Certamente è preferibile usare fonti di carboidrati a basso indice glicemico, con il giusto apporto di fibre, ma i grassi, nel bilancio complessivo, andrebbero notevolmente rivalutati.
I grassi non sono soltanto una fonte di rifornimento per tessuti e organi, ma rivestono un ruolo fondamentale per la salute, in quanto componenti essenziali delle membrane cellulari del nostro corpo. Essi servono anche ad assorbire e trasportare le vitamine liposolubili A, D, E, K nel sangue e costituiscono una fonte essenziale di acidi grassi polinsaturi. omega-3 e omega-6. Sicuramente chi non ha un adeguato introito di grassi dall’alimentazione va incontro a un invecchiamento più rapido di tessuti e cellule e a problemi nella funzionalità del sistema nervoso. I grassi contengono più calorie a parità di peso, ma non fanno ingrassare di più. In effetti, i grassi saziano, danno la sensazione di pienezza e soddisfano l’appetito, al contrario dei cibi a basso contenuto di grassi che tendono a far ingrassare di più proprio perché non soddisfano. Unendo grassi e fibre nei pasti ci si sazia di più e più a lungo. Nonostante si sia riscontrato, negli ultimi trent’anni, un calo nell’assunzione di grassi nella popolazione, l’obesità è aumentata di circa dieci volte. Allo stesso modo è cresciuto il tasso di individui affetti da diabete d i tipo 2, con tutte le sue complicazioni. Le persone hanno ridotto i grassi, ma li hanno gradualmente sostituiti con zuccheri e carboidrati, spesso raffinati. Un’alimentazione ricca di carboidrati e povera di grassi può aumentare il livello di trigliceridi nel sangue e il rischio di infarto. (Si citano Astrup et al., “The role of reducing intakes of satured fat in prevention of cardiovascular disease: where does the evidence stand in 2010?” 2010, Volek e Forsythe, “The case for not restricting satured fat on a low carbohydrate diet”, 2005).
II grassi saturi si trovano in tutti i grassi, ma in quantità maggiori negli alimenti di origine animale, quali carne, latte, burro, formaggi, lardo, tuorli d’uovo. Si trovano anche in alimenti di origine vegetale, come olio di cocco, olio di palma, margarina. I grassi saturi regolano il funzionamento delle membrane cellulari, sono fonte di energia per il cuore, proteggono il fegato dagli effetti dell’alcol, sono messaggeri per la produzione di ormoni, aiutano il funzionamento del sistema immunitario. I grassi saturi fanno aumentare solo le LDL (lipoproteine a bassa densità) grandi, non quelle piccole e dense, che provocano l’aterosclerosi. Le LDL grandi e leggere non sono pericolose. (Si citano Dreon et al., “Change in dietary saturated fat intake is correlated with change in mass of large low-density lipoprotein particles in men”, 1998; European Cardiovascolar Disease Statisics, 2008 e Sydney Heart Study, 2013) Sono i grassi trans a far aumentare le LDL piccole, cioè quei grassi usati nell’industria alimentare e prodotti per idrogenazione. Si possono trovare ancora in merendine, snack, wurstel, prodotti da fast food, patate fritte e prodotti impanati surgelati, margarina. Essi possono anche favorire l’accumulo di grasso sul girovita e il rischio di sviluppare diabete. (Si cita Lopez-Garcia et al., “Consumption of trans fatty acids is related to plasma biomarkers of inflammation and endothelial dysfunction”, 2005)
Gli acidi grassi monoinsaturi, contenuti principalmente in semi oleosi e frutta secca, olio di colza, olio di oliva, burro di arachidi e avocado, aiutano a ridurre anche del 30 % il rischio di infarti e ictus (Si cita Estruch et al., “Primary prevention of cardiovascular disease with a Mediterranean diet”, 2013).
Infine gli acidi grassi essenziali polinsaturi omega-3 e omega 6 sono importanti per mantenere l’equilibrio tra fattori anti e proinfiammatori. I livelli di omega 6 – contenuti in olio di soia, di semi di girasole, di arachide e di sesamo – non dovrebbero superare di molto i livelli di omega 3 – contenuti, invece, nella noce, nei pesci grassi, nei semi di lino, nelle verdure a foglia scura, nell’olio di colza e nei semi di zucca -, ma, negli ultimi 100 anni, a causa dell’ampio consumo di alimenti industriali, è aumentato arrivando a 10:1 o anche a 20:1. Eccessivi livelli di omega 6 inducono una risposta infiamatoria cronica, collegata ad artrite, ictus, malattie vascolari e cancro.
Per ristabilire questo equilibrio occorre limitare il più possibile gli alimenti industriali, spesso veicolo anche di grassi trans, assumere più porzioni alla settimana di pesce grasso o carne o prodotti derivati da animali nutriti con erba, naturalmente più ricchi di omega 3. In altre parole, quando si consuma la carne o il pesce , non andrebbe tolto il grasso, soprattutto se si tratta di animali cresciuti in allevamenti non intensivi e alimentati con erba e non prevalentemente con cereali. Per cucinare in modo salutare bisognerebbe, invece, non cuocere a temperature troppo elevate e usare oli ricchi di grassi monoinsaturi, come olio di oliva o di colza o olio di cocco o anche burro – anche se è raro trovare burro italiano buono, da allevamenti non intensivi- ed evitare oli polinsaturi come quello di girasole o di mais, instabili ad alte temperature. Carne e pesce hanno comunque i loro grassi, che possono essere impiegati in cottura, senza eccedere con le dosi e con la temperatura. Spesso non vi è neanche bisogno di aggiungere oli o burro.
In natura gli oli non sono presenti, se non nei semi oleosi o in alcuni frutti, quindi infatti vanno consumati con cautela, in quanto alimenti molto concentrati di nutrienti che facilmente possono superare la dose ben tollerata per il nostro organismo.

 

 

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